SNARK FESTIVAL 2025

Dall’ 11 al 14 settembre

Proiezioni in lingua originale con sottotitoli in italiano

Ingresso gratuito

Ufficio Stampa Sara Agostinelli

sara.agostinelli@gmail.com

The Times of Harvey Milk

11 Settembre h 21.00

Regia: R. Epstein

 

 

Fi rassi rond-point

12 Settembre h 18:30

Regia: H. Ferhani

 

 

First Contact

12 Settembre h 21.00

Regia: R. Anderson,

B. Connolly

Joe Leahy's Neighbours

12 Settembre h 22.00

Regia: R. Anderson,

B. Connolly

 

 

Il pianeta azzurro

13 Settembre h 18:30

Regia: F. Piavoli

 

 

Hoop Dreams

13 Settembre h 21:00

Regia: S. James

 

Pour la suite du monde

14 Settembre h 18:30

Regia: M. Brault,

P. Perrault

 

 

American Dream

14 Settembre h 21:00

Regia: B. Kopple

 

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Con il patrocinio di

Mediapartner

The Times of Harvey Milk

11 Settembre, ore 21:00

Stati Uniti / 1984 / 90’ / 16 mm / Colori

Regia: Rob Epstein
Produzione: Rob Epstein, Richard Schmiechen, Grigory W. Bex
Fotografia: Frances Reid
Suono: Mark Isham
Montaggio: Rob Epstein, Deborah Hoffman

Premi e riconoscimenti: Oscar per il miglior documentario (1985); Boston Society of Film Critics Award: miglior documentario (1985); International Documentary Association: miglior documentario (1985); Sundance Film Festival: premio speciale della giuria (1985); New York Film Critics Award: miglior documentario (1984); Peabody Award: premio Peabody (1986); San Francisco International Lesbian & Gay Film Festival: miglior documentario (1985)

Sinossi:

Trasferitosi  all’inizio degli anni Settanta a San Francisco con il compagno, Harvey Milk diviene una figura di rilievo nel quartiere di Castro Street dove ha aperto un negozio di fotografia, oltre che nella comunità gay della città californiana; si candida tre volte al consiglio comunale, ma senza successo. Riesce però ad essere eletto ed entra in carica nel gennaio del 1978; è il primo politico californiano a dichiararsi apertamente omosessuale. Ma il 27 novembre dello stesso anno viene ucciso all’interno del Municipio assieme al sindaco George Moscone da Dan White, ex consigliere comunale dimessosi qualche giorno prima in polemica all’approvazione della legge sui diritti degli omosessuali.

Facendo ricorso a filmati, interviste e ricordi, il film ripercorre la vita e la carriera politica di Milk.

Fi rassi rond-point

12 Settembre, ore 18:30

Algeria-Francia / 2015 / 100’ / Digitale / Colori

Regia: Hassen Ferhani
Produzione: Centrale Electrique, Allers Retours Films
Fotografia: Hassen Ferhani
Suono: Antoine Morin
Montaggio: Myriam Ayçaguer, Corentin Doucet, Hassen Ferhani, Narimane Mari

Premi e riconoscimenti: Festival Filmer le travail di Poitiers: Grand Prix Filmer le travail (2016); TTF – Torino Film Festival: Premio miglior documentario internazionale (2015); IDFA – International Documentary Festival Amsterdam: Premio speciale della giuria sezione opera prima (2015); JCC Journées Cinématographiques de Carthage: Tanit d’Or per il miglior documentario e Tanit d’Or Tahar Chriâa per la migliore opera prima.

Sinossi:

Si seguono le vite – stanche e notturne – dei lavoratori del più grande mattatoio di Algeri e dei negozi dell’indotto. I protagonisti vengono quasi sempre ripresi a fine o a inizio turno, alle soglie, dunque, della loro giornata lavorativa. La sensazione che ne deriva è quella del mattatoio come una sorta di poderoso buco nero, in grado di esercitare una forza attrattiva funesta, e di esercitarla in qualunque momento della vita. La fatica traspare nei volti e nei corpi dei lavoratori, e non di rado anche nei discorsi e nei sogni e desideri, spesso condizionati, quando non definitivamente “risucchiati” da quel buco nero che è il mattatoio – e il lavoro che il mattatoio richiede. Il mattatoio è una specie di cittadella che gode di extraterritorialità rispetto al resto del paese, o meglio, che riesce ad escludere dalla vista e dal discorso il resto del paese: i suoi lavoratori non riescono – almeno questo è ciò che ci mostra il documentario – a liberarsi dalla sua stretta e a uscire dai suoi confini.

First Contact

12 Settembre, ore 21:00

Australia / 1983 / 58’/ 35 mm / Bianco e nero, colori

Regia: Robin Anderson, Bob Connolly
Produzione: Robin Anderson, Bob Connolly, Dick Smith
Fotografia: Dennis O’Rourke, Tony Wilson
Suono: Julian Ellingworth, Ian Wilson
Montaggio: Martyn Down, Stewart Young

Premi e riconoscimenti: Australian Film Institute Awards: miglior documentario (1983); candidato all’Oscar per il miglior documentario (1983); Grand Prix al Cinéma du Réel (1983).​

Sinossi:

Quando Colombo e Cortez si avventurarono nel Nuovo Mondo, non c’era una cinepresa per registrare gli effetti di questo primo incontro. Nel 1930 invece, quando penetrarono nell’interno della Nuova Guinea spinti dalla ‘febbre’ dell’oro, i fratelli Leahy filmarono il loro inaspettato confronto con migliaia di persone che non avevano alcuna idea di ciò che esisteva al di là delle valli che abitavano, da sempre ‘culla’ e orizzonte della loro civiltà. Questi incredibili filmati, testimonianza di un processo di colonizzazione già all’epoca fuori tempo massimo (i nativi verranno utilizzati come manodopera nel processo di ricerca ed estrazione del metallo prezioso), costituiscono la base di First Contact: a distanza di cinquant’anni, Anderson e Connolly si recano nella regione per mostrarli alla popolazione locale e per intervistare i membri sopravvissuti della squadra dei cercatori d’oro.

L’australiano Dan Leahy, ormai molto anziano, racconta senza ripensamenti la sua avventurosa giovinezza, descrivendo la paura di essere sopraffatto da persone dall’aspetto primitivo e con cui ogni comunicazione linguistica era all’inizio impossibile, giustificando gli episodi più violenti contro la popolazione locale come necessari per garantire il successo della spedizione e la sopravvivenza dei ‘suoi’ uomini.

Alcuni anziani papuani raccontano di aver pensato che gli uomini bianchi fossero gli spiriti dei loro antenati tornati dalla morte e di essere rimasti esterrefatti dall’incontro con gli strumenti della civiltà ‘occidentale’ del XX secolo. Le donne, diventate oggetto delle attenzioni dei cercatori d’oro, si accorsero invece presto della vera natura di quei visitatori: nacquero decine di bambini ‘meticci’, non riconosciuti dai padri bianchi, in seguito tornati a vivere in Australia.

Uno di loro, figlio del capo della spedizione Michael Leahy, sarà l’ambiguo protagonista di Joe Leahy’s Neighbors, il secondo documentario della Highlands Trilogy di Anderson e Connolly.

 Joe Leahy’s Neighbours

12 Settembre, ore 22:00

Australia / 1989 / 90’ / 35 mm / Colori

Regia: Robin Anderson, Bob Connolly​
Produzione: Robin Anderson, Bob Connolly, Tom Haydon, Chris Owen
Fotografia: Bob Connolly​
Suono: Robin Anderson, Annie Cocksedge, Ray Thomas
Montaggio: Bob Connolly, Ray Thomas​

Premi e riconoscimenti: Australian Film Institute Awards: miglior documentario (1989); Grand Prix al Cinéma du Réel (1989).

Sinossi:

Il film segue le vicende di Joe Leahy, figlio illegittimo di Michael Leahy, capo della spedizione di avventurieri che nel 1930 si avventurò in Nuova Guinea alla ricerca dell’oro. Joe, imprenditore di successo (e senza scrupoli) nell’industria del caffè, conduce un’esistenza scissa tra la sua attività imprenditoriale, condotta in piena aderenza ai modi dell’uomo d’affari occidentale, e i rapporti che deve intrattenere con gli abitanti della Nuova Guinea i quali, a differenza sua, sono nel complesso rimasti fedeli a modi tradizionali di intendere vita e relazioni. Di particolare interesse è l’atteggiamento ambiguo e paternalista di Joe verso i suoi conterranei: ne sfrutta i punti deboli non esitando a fare leva su un “sentire” comune e condiviso, presentandosi non di rado come una sorta di salvatore, portatore di ricchezza e benessere, un ruolo che sarebbe in grado di svolgere al meglio proprio in virtù di questa sua doppia appartenenza, che gli consentirebbe di comprendere a fondo le dinamiche e le trappole dei “bianchi”. Joe Leahy propone di gestire le terre di un grande numero di famiglie, e di impiantarci una nuova piantagione di caffé la quale, assicura, farà la ricchezza di tutti. Il film si chiude con questa promessa. Il terzo film della trilogia, Black Harvest, mostrerà il risultato dell’attività imprenditoriale di Joe Leahy.

Il pianeta azzurro

13 Settembre, ore 18:30

Italia / 1982 / 88’ / 16 mm / Colori

Regia: Franco Piavoli
Produzione: Silvano Agosti
Fotografia: Franco Piavoli, Carlo Ventimiglia
Suono: Fausto Ancillai, Giuliana Zamariola
Montaggio: Franco Piavoli

Premi e riconoscimenti: Mostra del cinema di Venezia, premio Agis (1982), Premio delle Nazioni Unite Citc Unesco (1982), Festival di Nyon, premio del pubblico (1982), Festival di Poitiers, premio Henri Alekan (1983), Nastro d’argento miglior regista esordiente (1983), premio Saint Vincent, targa Mario Gromo (1983)

Sinossi:

L’alternarsi ritmico delle stagioni accompagna le fasi e le componenti dell’esistenza umana nella vita dei campi: infanzia, amore, morte, lavoro, fatica si intrecciano al risveglio della natura in primavera, al caldo estivo, al crepuscolo autunnale e al gelo dell’inverno, in una composizione poetica di immagini, suoni e silenzi. Una sinfonia visivo-sonora dai ritmi lenti e dilatati, in cui la presenza dell’uomo rimane sullo sfondo a fare da tenue contrappunto alla voce degli elementi della natura, adeguandosi e sintonizzandosi ad essi e al loro inesorabile scorrere. Il pianeta è azzurro per la presenza dell’acqua, elemento vitale tanto per la natura che per l’uomo, che riprende a fluire nel disgelo primaverile all’inizio del film, tornando a mostrarsi al termine: una struttura circolare in cui prende forma il poema dell’accadere dell’esistenza umana e della natura, che può essere tanto madre che matrigna, come dice G. Leopardi, citato tra i collaboratori del film, oltre che essere animata da un perpetuo mutamento che plasma la vita di piante, uomini e animali, come evidenziato da C. Darwin, l’altro speciale collaboratore del film che figura nei ringraziamenti.

Ha detto il critico cinematografico Tullio Kezich “Questo film bisognerebbe farlo vedere per legge agli italiani”.

 

Hoop Dreams

13 Settembre, ore 21.00

Stati Uniti / 1994/ 170’ / 16 mm/ Colori

Regia: Steve James
Produzione: Catherine Allan, Peter Gilbert, Steve James, Neil Laird, Frederick Marx, Gordon Quinn
Fotografia: Peter Gilbert
Suono: Ben Sidran
Montaggio: William Haugse, Steve James, Frederick Marx

Premi e riconoscimenti: National Board of Review of Motion Pictures: miglior documentario (1994); Kansas City FIlm Critics Awards: miglior documentario (1995); candidato all’Oscar per il miglior montaggio (1995). Nel 2005 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry del Congresso degli Stati Uniti.

Sinossi:

William Gates e Arthur Agee sono due adolescenti afroamericani che vivono in due quartieri poveri di Chicago. Grazie al loro talento cestistico approdano alla St. Joseph High School di Westchester, scuola cattolica frequentata prevalentemente da bianchi che ha un importante programma di basket e vanta tra i suoi ex allievi un campione di basket Nba come Isiah Thomas, afroamericano, in piena attività durante le riprese del film. Tre ore di viaggio al giorno per coltivare il proprio sogno: diventare giocatori professionisti, che vorrebbe dire anche il riscatto sociale ed economico per le rispettive famiglie.

Il regista ha seguito i due ragazzi e le rispettive famiglie, tra ghetto, scuola e palestre, per circa cinque anni. Quello che doveva inizialmente essere un prodotto televisivo sul ruolo dello sport quale mezzo di riscatto nei ghetti afroamericani di Chicago, diventa un film che mostra la fragile precarietà del sogno americano, che l’allenatore dei due ragazzi esprime con brutale cinismo: “Per un ragazzo che non ce l’ha fatta, o che non ha rispettato le attese sportive, ce n’è subito pronto un altro da formare e attorno al quale creare una nuova squadra vincente”.

Pour la suite du monde

14 Settembre, ore 18:30

Canada / 1962/ 105’ / 16 mm / B/N

Regia: Michel Brault, Pierre Perrault
Produzione: Jacques Bobet, Fernand Dansereau
Fotografia: Michel Brault, Marcel Càrriere, Bernard Gosselin, Pierre Perrault
Suono: Jean Cousineau, Jean Meunier​
Montaggio: Werner Nold

Premi e riconoscimenti: Concorso di documentari ibero-americani-filippini di Bilbao: primo premio, medaglia d’oro, (1963); Festival internazionale del cortometraggio di Évreux, Francia: Gran Premio, Golden Viking, (1964); Festival internazionale film e animazione di Columbus, Ohio: Chris Award, Primo Premio (1966); Melbourne Film Festival, Melbourne: Diploma di Merito (1966); Festival Internazionale del Cinema Etnografico della Sardegna, Nuoro, Italia: Menzione Speciale, (1994); Toronto Film Festival: I dieci migliori film del Canada, 8° posto (1984)

Sinossi:

Ile-aux-Coudres è un’isola del Quebec in Canada, situata nel St.Lawrence River. Nel corso dei secoli, i suoi abitanti si sono dedicati alla caccia del Beluga, un cetaceo, isolando parte del fiume con dei pali conficcati nel fondo del fiume, in modo da intrappolare il pesce e catturarlo. Nel 1920 tale pratica viene abbandonata. Agli inizi degli anni Sessanta una troupe del National Film Board of Canada, si reca sull’isola e incita, con successo, i locali a riprendere la tradizionale caccia al Beluga. Il risultato è un film che documenta le fasi di realizzazione di una simile pratica di pesca, compresi  la seguente vendita e il trasporto di un esemplare catturato ad un acquario di New York, oltre che i gesti quotidiani, le parole, i rituali culturali, sociali e religiosi di una piccola comunità isolata, che riprende contatto con il suo passato, con cui dialoga anche tramite la lettura dei diari di Jacques Cartier, che approdò sull’isola nel 1535.

Il film è il primo episodio di una trilogia dedicata all’Ile-aux-Coudres, che il regista canadese Villeneuve ha definito “tra i più bei film che abbia mai visto”.

American Dream

14 Settembre, ore 21.00

Stati Uniti / 1990 / 100’ / 35 mm / Colori

Regia: Barbara Kopple​
Produzione: Arthur Kohn, Barbara Kopple​
Fotografia: Kevin Keating, Hart Perry, Mathieu Roberts, Mark T. Peterson, Peter Gilbert​
Suono: Julian Ellingworth, Ian Wilson​
Montaggio: Cathy Caplan, Thomas Haneke, Lawrence Silk

Premi e riconoscimenti: Oscar per il miglior documentario (1991); International Documentary Association: IDA Award (1991); Los Angeles Film Critics Association Awards: LAFCA Award per il miglior documentario (1991); Sundance Film Festival: Audience Award Documentary; Filmmakers Trophy Documentary; Grand Jury Prize Documentary (1991).

Sinossi:

A quasi quindici anni di distanza dal suo film più noto – Harlan County, USA, del 1977 – Barbara Kopple torna a raccontare di uno sciopero. Harlan County, USA seguiva uno sciopero di minatori, American Dream si concentra, invece, sugli scioperi avvenuti qualche anno prima dell’uscita del film (1990) nella sede della Hormel Foods corporation. Gli scioperi, avvenuti a cavallo tra il 1985 e il 1986, in piena amministrazione Reagan, prendono le mosse dal tentativo, da parte dell’azienda, di tagliare salari e incentivi ai lavoratori. Trovandosi in una fase politica sfavorevole, i sindacati tradizionali provano un’azione di contenimento e di limitazione dei danni, incontrando la decisa opposizione del sindacato locale, che, sfruttando un certo grado di autonomia nei riguardi dei vertici, decide di rivolgersi a un consulente esterno, Ray Rogers, e fare condurre a lui l’intera campagna di scioperi. L’effetto provocato da Ray Rogers è galvanizzante, almeno sulle prime: il fronte dei lavoratori è compatto come non mai e molti dipendenti della Hormel tornano a occuparsi di faccende sindacali. Con il proseguire della mobilitazione però, il fronte si sfilaccia: la Hormel rifiuta ogni negoziazione e assume nuovi lavoratori per rimpiazzare gli scioperanti, una parte dei quali decide di rientrare al lavoro, contribuendo a creare un fronte sindacale sempre meno compatto e sempre più nervoso e a una spaccatura sempre meno sanabile nella comunità di Austin, sede della fabbrica. Il risultato finale sarà disastroso per gli scioperanti: quasi l’80% di loro verrà licenziato e i nuovi assunti saranno costretti ad accettare una paga ancora più bassa di quella proposta dalla Hormel appena prima della mobilitazione.

dove & come

🍔🍺🥗 Dove mangiare qualcosa, tra una proiezione e l’altra?
Il bar dell’oratorio di San Paolo – a due passi, o forse addirittura a mezzo passo dal cinema Lottagono – rimarrà aperto per tutta la durata del Festival. In alternativa nelle immediate vicinanze puoi trovare bar, pub, pizzerie, ristoranti e trattorie di tutti i tipi.
🅿️ Dove parcheggiare?
Tra via Coghetti. via Goethe e piazzale San Paolo si trovano numerosi posti auto gratuiti.
🚍Con i mezzi pubblici,
puoi prendere il l’autobus (linee 8, 9) e fermarti in via Broseta 71, oppure la linea C e fermarti in via Carducci 882

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